SARTRE (1905-1980)
È il principale esponente dell’esistenzialismo novecentesco. Il suo
pensiero si può dividere in due fasi: nella prima fase, il suo esistenzialismo
assume forti tratti individualistici. Nella seconda, il confronto con il
marxismo apre il suo esistenzialismo uumanistico alle tematiche della
trasformazione storico-sociale.
1° FASE
L’opera
che meglio definisce l’esistenzialismo della prima fase è “L’essere e il
nulla”, che riassume i temi dell’esistenzialismo tedesco. secondo Sartre
l’esistenzialismo è ATEO: c’è solo l’uomo, punto di riferimento di ogni realtà.
Non esiste né Dio né il mondo come punto di riferimento. Qui egli si pone il problema delle strutture
dell’essere; in senso fenomenologico egli definisce l’essere come in sé e per
sé. Il primo rapporto riguarda gli oggetti del mondo, il secondo è la
coscienza.
L’essere
in sé è immobile, non ha relazione con gli altri esseri, è al di fuori della
temporalità. L’essere per sé, cioè la coscienza, coincide con il nulla.
L’analisi del per sé, ossia della cosicenza, rivela in effetti che l’uomo non
porta solo il nulla in stesso ma consiste propriamente in questo nulla. Il per
sé è caratterizzato da tre ek-stasi: il nulla, l’altro e l’essere.
1. Il
nulla è la coscienza, la quale si rivela nel fenomeno della libertà. Se l’uomo
fosse determinato dal suo passato non potrebbe scegliere; viceversa sceglie, il
che significa che annulla il proprio passato apirando a qualcos a che ancora
non esiste. L’essenza dell’uomo è la libertà, cioè angoscia. L’uomo tende a
sfuggire l’angoscia e quindi la libertà, rifugiandosi in quello che Sartre
chiama il comportamento inautentico della mala fede. L’uomo non èuò mai
liberarsi dell’angoscia, che (come per Kierkegaard e per heidegger) è
rivelatrice del nulla dell’esistenza. L'uomo dunque è radicalmente libero; non solo negli «atti volontari»,
ma anche nelle emozioni, nei sentimenti, nelle passioni. Anzi la libertà è
il contrassegno che caratterizza specificamente l'esistente, lo caratterizza nel suo quid proprium. L’uomo è condannato a essere
libero. Questa condanna alla libertà fa si che la scelta sia sempre angosciosa;
la continua
instabilità dell'uomo, il suo costante impegno a scegliersi, a farsi, la non
definitività delle scelte e delle decisioni, la ingiustificabilità delle stesse
scelte (la scelta non ha infatti parametri di valutazione, criteri precostituiti)
sono per l'uomo fonte di angoscia. La prima
ek-stasi del per sé quindi è destinata allo scacco.
2. la
seconda ek-stasi del per-sé è l’essere-per-altri. Non è possibile dimostrare
l’esistenza dell’Altro, ma è possibile accedere all’altro solo in via
emozionale. Ciascuno tende a oggettivare l’Altro, togliendogli la sua libertà.
Ogni coscienza quindi desidera la libertà dell’altro, ma un per-sé non potrà
mai possedere un altro per sé, e dunque anche la seconda ek-stasi è votata al
falimento.3. la terza ek-stasi intende l’essere come valore; tuttavia anche il valore non è, in quanto è una modalità del nulla. Una sola per Sartre è la legge morale fondamentale: essa si esprime nell’imperativo “Scegli te stesso”. Questa legge è in effetti quelal che sempre si impone poiché l’uomo è condannato a essere libero. Cioè che il per sé vuole veramente è divenire un essere in-sé che sia anche causa e fondamento sdi se stesso, ossia un essere in-sé-per-sé. In altri termini, l’uomo aspira a divenire Dio, ma poi che Dio non esiste, un essere in-sé-per-sé è un concetto assurdo e contraddittorio, quindi anche la terza ek-stasi fallisce.
L’essere è
l’angosciosa rivelazione del nulla. L’uomo, la persona in quanto esistenza, si
evolve nullificando ciò che era prima. L’uomo possiede quindi una libertà
fasulla, basata sul nulla. L'uomo è coscienza, trascendimento continuo di sé; la sua esistenza
consiste in questo trascendersi continuo; egli non «è» qualcosa, ma «diviene»
sempre; nella sua vita non esplicita un'essenza prefissata, ma la costruisce
via via. In tal senso, contrariamente a quanto - egli dice - si è sostenuto
finora in filosofia, l'esistenza precede l'essenza (Io sono un essere
esistente, colgo ciò che esiste, non la sua essenza). Rifiuta il concetto freudiano d'inconscio, sostituito con la nozione di «malafede»: l'inconscio
non saprebbe diminuire l'assoluta libertà dell'Uomo. La «malafede», sul piano
pratico, consiste nel dire: "quel che conta è l'intenzione". Il
soggetto tende a fare degli altri un oggetto e a percepirsi come l'oggetto
d'altri (esempio particolare del "gesto sporco" sorpreso mentre fatto
di nascosto).
Sintetizzando: siamo come una stanza con una finestra
che si affaccia sul mondo esterno... e sta a noi, e SOLO a noi, decidere di
aprirla.
Nell'esistenzialismo di Sartre si realizza lo stesso paradosso di Heidegger e Jaspers: la trasformazione del concetto di possibilità in
impossibilità. Secondo Sartre l'uomo è definito come "l'essere che
progetta di essere Dio" (in "L'essere e il nulla"), ma questa
attività si risolve in uno scacco: ciò che per Heidegger e Jaspers è
nullificato dalla realtà fattuale, in Sartre è nullificato dalla molteplicità
delle scelte e dall'impossibilità di discriminarne la fondatezza e validità. "Ein Mal
ist kein Mal" (una volta è nessuna volta), se mi è dato scegliere,
il fatto di non poter discernere si traduce in una non scelta.
2° FASE
Dopo la seconda guerra mondiale, l'attenzione di Sartre si rivolge
all'azione politica. Egli si avvicina al comunismo dando inizio a un suo ruolo di engagé che farà da modello a molti
intellettuali di sinistra tra gli anni '50 e '80. Sartre intraprende in questi
anni un confrono con il marxismo, prospettando una possibile integrazione di
marxismo e esistenzialismo.
È in questa prospettiva che nasce il progetto della Critica della ragion dialettica (che uscirà nel 1960).Gli
assunti fondamentali di L'essere e il
nulla sono perciò nella Critica
della ragion dialettica definitivamente negati con l'assunzione teorica
del materialismo storico marxiano. È infatti il regno del
"pratico-inerte" (l'essenza della materia) a imporsi, a dominare, a
determinare la necessità e ad imporla anche all'uomo. L’attenzione di sartre è
volta sia a ribadire la ineliminabili componente soggettvia della storia, sia a
rifiutare il proprio precedente idealismo. Se da una parte, è l’uomo e solo
l’uomo a fare la storia, da un altro lato è la storia che condiziona l’uomo,
limitandone la libertà. In poleica con la concezione marxista, la storia non è
concepita come una totalità il cui significato è già predeterminato
indipendentemente dalle concrete scelte e attività degli individui; essa è
piuttosto concepita come una totalizzazione in corso, il cui fine è smpre
ancora da decidere.